Tra le bevande più apprezzate al mondo c’è il sake: puro gusto orientale.

Questa bevanda alcolica viene ottenuta dalla fermentazione di riso, acqua e spore koji, similmente alla produzione di vino e birra.

Sake significa dal giapponese “bevanda alcolica”, mentre nello specifico il nome di questa bevanda è  Nihonshu.

Ai suoi albori il sake è stato chiamato anche Kuchikami, che significa letteralmente “masticato in bocca”. Perché? Semplice. Gli enzimi utilizzati erano quelli salivari, solo successivamente, con l’utilizzo delle spore di muffa, questa pratica inusuale venne via via accantonata.

La pianta del riso sakamai non è facile da coltivare data la sua altezza ed è, inoltre, più vulnerabile a tifoni e a temporali. Tutta la sua produzione, dalla semina alla raccolta, va eseguita a mano senza l’utilizzo di macchinari. Il sake viene prodotto subito dopo la raccolta, perché contiene meno proteine e lipidi rispetto al riso tradizionale.

Un’altra curiosità è che agli inizi del 1900 si standardizzò l’uso di serbatoi smaltati, in grado di trattenere circa il 3% del prodotto fra le loro fibre, liquido che comunque veniva tassato dal governo; una sorta di sigillo di qualità!

Per gustare un sake caldo bisognerà versarlo in una bottiglietta apposita (tokkuri) e coprirla per non disperdere l‘aroma e i profumi della bevanda. La bottiglietta andrà poi immersa in acqua preriscaldata ma tiepida, in modo da raggiungere una temperatura tra i 35° e i 40°, facendo attenzione a non superare mai i 50° per non alterare il naturale aroma e gusto del sake. Per far si che si scaldi uniformemente è necessario agitare il tokkuri tenendolo per il collo.

Il sake è un buon esaltatore del cibo e può essere consumato sia al momento dell’aperitivo che a fine pasti.